Enzo Giannone
Considerazioni, edizione limitata di 7 + 1 P.A., fotografia, 24×16 cm, 2018
La ricerca di Enzo Giannone ci ricorda che lo sguardo fotografico consapevole vive attraverso un continuo ritornare, riconoscere e rivisitare, oltre che un notare, cogliere, intuire. Grazie a questo modus operandi è riuscito a mantenere intatta la freschezza di questi “altarini”, che rimangono misteriosi ma evidenti, ingenui ma sapienti, assurdi ma ordinati. Le inquadrature dell’autore rispecchiano fedelmente la sintesi tra l’ossessione contemporanea per l’immagine e la tendenza antica a creare un legame intimo con ciò che per ognuno è sacro. A tal proposito Jean Baudrillard dice: la fotografia è il nostro esorcismo. La società primitiva aveva le sue maschere, la società borghese i suoi specchi. Noi abbiamo le nostre immagini.
Visitando quei piccoli mondi che sono i negozi e le botteghe, Enzo Giannone ha prelevato dei “ritagli” di essi, senza mai alterare ciò che gli capitava sotto gli occhi, e restituendone l’atmosfera e il carattere con perspicacia e ironia. Ha inoltre amplificato la magia intrinseca di quegli altarini con il semplice atto di fotografarli. Per citare Roland Barthes, in un primo momento, per sorprendere, la fotografia fotografa il notevole; ben presto però, attraverso un ben noto capovolgimento, essa decreta notevole ciò che fotografa. Nonostante le condizioni di partenza per nulla ideali, come la luce e la libertà di movimento, l’autore ha saputo dare alle sue immagini una ricchezza e varietà cromatico-materica che fanno direttamente appello ai sensi e all’ immaginazione, inducendo lo spettatore ad animare le scene affrescate e a colmare di persona i ‘vuoti di informazione’.
Il fatto che ogni scatto presente in mostra è, in un modo o nell’altro, ‘immagine di immagine’ provoca un cortocircuito, costringendoci ad apprezzarne gli elementi costitutivi sia come isole che come arcipelaghi di senso, ma ci porta anche a distinguere la ‘foto della foto’ dalla ‘foto della cosa’ e a metterle in relazione tra loro. L’evidenza di questo processo è ben spiegata da Luigi Ghirri quando dice che la fotografia non è pura duplicazione o un cronometro dell’occhio che ferma il mondo fisico, ma è un linguaggio nel quale la differenza fra riproduzione e interpretazione, per quanto sottile, esiste e dà luogo a un’infinità di mondi immaginari. Pensando inoltre allo scarto tra la finitezza dell’immagine fotografica e di quella fotografata, si può ricordare Stephen Shore quando in modo banale ma illuminante sottolinea che una fotografia ha bordi, il mondo no. La finitezza in questione non è solo spaziale ma anche temporale. Enzo Giannone ha infatti espresso più volte la preoccupazione di dovere immortalare situazioni che potevano cambiare da un giorno all’altro, perchè nonostante questi altarini si formino attraverso stratificazioni e lenti accumuli, non sono certo eterni, e emanano un fascino che risiede nel loro carattere effimero e contingente . In questo senso le sue foto sono una precisa fetta di tempo anzichè un flusso (Susan Sontag) perchè contengono una serie di indizi e reperti che un giorno, una volta ripescati, offriranno il piccolo spaccato di una breve ‘epoca’. Sembra così poco la fotografia, però quando di tanta abbondanza di sguardo niente ci è rimasto, lei riporta in salvo un fotogramma e da quello ricostruiamo l’intero luogo e tempo, per gemmazione d’immaginazione, per rifioritura del ricordo. Dall’angolo stretto vediamo ricomporsi il resto del paesaggio, dall’attimo di luce rinasce l’intero giorno, fotografia allora è seme istantaneo. Però il fotografo non è il seminatore, anzi il raccoglitore. Fotografia è seme di per sé, già pronto e sparso. (Erri De Luca)
testo critico di Iran e Cucinotta per la mostra Sacro & Profano srl, 2019
Bio
Nativo analogico, fin da giovanissimo sperimenta diversi stili e tecniche. Fa parte del Condominio Fotografico, un laboratorio che da anni si occupa a più livelli della diffusione della cultura fotografica nel territorio. Ha affinato il suo linguaggio seguendo workshop di alta formazione con Fausto Podavini, Mattia Zoppellaro e Paolo Woods. Ha seguito gli atleti paralimpici e non vedenti della “Conad Scherma Modica”. Sacro & Profano srl è il suo primo lavoro di ricerca fotografico-antropologica.